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Minestra Di Passatelli N. 20

Arrosto Morto Lardellato N. 534

Tortino Di Patate N. 446-447

Torta Di Riso N. 638


 

Il Menù Artusiano viene proposto esclusivamente previa prenotazione per gruppi di almeno 4 persone.

Il costo è di € 32,00 a persona, bevande escluse.

…CHI ERA PELLEGRINO ARTUSI…

Pellegrino Artusi (Forlimpopoli, 4 agosto 1820 – Firenze, 30 marzo 1911) è stato uno scrittore, gastronomo e critico letterario italiano. Appartenente ad una famiglia benestante forlivese, negli anni tra il 1835 e il 1850, frequentò ambienti studenteschi bolognesi (in un brano di una sua opera afferma che era iscritto all’università).
Tornato nel suo paese natale, intraprese la professione del padre, ricavandone un certo profitto, ma la vita della famiglia venne sconvolta per sempre dall’incursione del 25 gennaio 1851 a Forlimpopoli del brigante Stefano Pelloni, detto il Passatore. Costui prese in ostaggio, nel teatro della città, tutte le famiglie più in vista, rapinandole una per una.
Fra le famiglie rapinate vi fu anche quella del Pellegrino Artusi. Terminata la raccolta del bottino, gli efferati banditi stuprarono alcune donne, e tra queste Gertrude, sorella dell’Artusi che impazzita per lo shock, dovette essere ricoverata in manicomio. A seguito di tale disgrazia tutta la famiglia si trasferì a Firenze.
Qui il Pellegrino si dedicò all’intermediazione finanziaria, contemporaneamente sviluppò le sue grandi passioni, ovvero la letteratura e l’arte della cucina. Sposate le sorelle e morti i genitori, potè vivere di rendita grazie alle tenute che la famiglia possedeva in Romagna (a Borgo Pieve di Sistina di Cesena e Sant’Andrea di Forlimpopoli). Acquistò una casa in Piazza D’Azeglio a Firenze, dove tranquillamente condusse la sua esistenza fino al 1911, quando morì a 90 anni.
La sua opera più famosa è LA SCIENZA IN CUCINA E L’ARTE DI MANGIAR BENE.

Appassionato di gastronomia e raffinato buongustaio, si applicò con criteri scientifici ed igienici all’arte culinaria, creando a casa propria un’autentica cucina sperimentale, dove operava in èquipe con il cuoco compaesano Francesco Ruffilli, che si occupava anche degli acquisti giornalieri, e la cameriera Marietta Sabatini, i quali collaboravano alla creazione di appetitose e pratiche ricette adatte a tutte le famiglie.
Un impegno quotidiano, dove genuini e selezionati prodotti si combinavano con creatività a formare gustosi piatti, anche nel rispetto delle stagioni. Soltanto dopo aver provato e riprovato, piatto dopo piatto, e solo quando il risultato della combinazione delle vivande aveva raggiunto la perfezione, le ricette venivano trascritte nel manuale, accompagnate da riflessioni e aneddoti narrati in maniera briosa, impeccabile ed arguta.

Un trattato di cucina declinato dal buon gusto, all’igiene, alla manualità ed all’economia; infatti, per alcune ricette, era consigliato riutilizzare anche gli “avanzi”, perchè in cucina non si doveva sprecare niente; famose le sue parole-preghiera: “Amo il bello ed il buono ovunque si trovino e mi ripugna di vedere straziata, come suol dirsi, la grazie di Dio. Amen.

La sua opera, inizialmente composta da 475 ricette, passate poi a 790, che dagli Antipasti (da lui chiamati Principii) terminava con i Liquori, era una sorta di vademecum da lui stesso definito “talmente pratico e usabile da tutti, purchè si sappia tenere in mano un mestolo.” Tale libro, col passare del tempo e le numerose ristampe, raggiunse una grandissima diffusione conquistando la massa popolare, sino a diventare il testo gastronomico dell’Italia Unita, il ricettario di casa, da cui tutti trassero (e traggono ancora oggi) ispirazioni e suggerimenti.
Fu il libro più letto dagli italiani al pari di Pinocchio di Collodi, dei Promessi Sposi del Manzoni e di Cuore di De Amicis. E’ stato tradotto in molte lingue: inglese, spagnolo, tedesco, olandese, francese, portoghese, prossimamente in giapponese e vanta più di 130 edizioni con milioni di copie vendute. Certamente si tratta di un importante successo editoriale che ha fatto scuola di cucina, un libro scritto oltre un secolo fa e ancora talmente attuale da essere denominato usualmente “l’Artusi”.

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